24.11.2022

Associazioni con finalità di terrorismo internazionale, la prova della partecipazione

24.11.2022

Associazioni con finalità di terrorismo internazionale, la prova della partecipazione

In tema di terrorismo internazionale come delineato dall’art. 270 bis c.p., emerge con particolare rilevanza la questione concernente la valutazione della partecipazione di eventuali soggetti. Il legislatore non ha fornito una definizione normativa chiara e definita del delitto di associazione con finalità di terrorismo, posto che detti gruppi criminali assumono di volta in volta caratteri diversi e variamente manifestati che rendono difficile delineare una comune tipologia. Si pensi ad esempio al terrorismo di matrice islamica, il quale si è progressivamente spostato da strutture organizzate e rigide a forme più fluide e allentate, dove l’iniziativa del singolo o di piccole cellule indipendenti tra loro pone non solo nuove problematiche di tracciamento e di perseguimento del reato, bensì anche di riconduzione all’associazione terroristica. Parimenti la facilità di comunicazione garantita dalla rete internet e dalle ulteriori tecnologie attualmente disponibili, ha grandemente potenziato la possibilità di trasferire contenuti ed informazioni senza la necessità che i soggetti interessati debbano necessariamente avere contatti diretti. In particolare, a seguito della sconfitta nel marzo del 2019 in Siria dell’organizzazione terroristica ISIS/DAESH – ad opera della Coalizione internazionale a guida USA, unitamente alle Syrian Democratic Forces – vi è stata la diaspora di migliaia di combattenti, molti dei quali foreign fighters che hanno fatto rientro nei propri paesi di origine, abbandonando la militanza nell’Isis, ma non certo l’ideologia jihadista e la volontà di compiere azioni terroristiche. La giurisprudenza ha dunque dovuto occuparsi del tema della condotta partecipativa del singolo, individuando criteri che possano fungere da riferimento anche nel nuovo e più rarefatto contesto criminale. In particolare la Suprema Corte (Cass. Pen. Sez. V, sent. 18 dicembre 2020 (dep. 4 marzo 2020) n. 8891) ha avuto cura di precisare che la propria messa a disposizione da parte del partecipe rispetto all’associazione può evincersi da condotte che rivelino la sicura adesione e la condivisione delle finalità terroristiche. Non è però sufficiente la mera adesione ideologica, in assenza di effettivi elementi di attuazione o di disponibilità all’attuazione del progetto criminoso terroristico. Parimenti la sola attività di indottrinamento di altri o di proselitismo, di per sé non configura il delitto di cui all’art. 270 bis c.p. Qualora invece sussista l’adesione ideologica ed altresì il comprovato collegamento – pur se attenuato o informale, o mediato, o flebile – tra l’associazione stessa ed il singolo partecipe, allora si realizza la fattispecie delittuosa. Ancora più recentemente, la giurisprudenza di legittimità ha ulteriormente puntualizzato che l’adesione ad un’associazione jihadista non richiede necessariamente la formale accettazione del compartecipe al gruppo, essendo sufficiente la partecipazione del singolo anche con modalità aperte e con progressiva intensificazione dei contatti e del proprio eventuale apporto, purché vi sia consapevolezza da parte dei membri dell’associazione della partecipazione del medesimo. In particolare, la costanza dei contatti e la manifesta disponibilità del singolo a prendere parte alla realizzazione degli obiettivi criminali del sodalizio terroristico, costituiscono indici sufficienti e rispondenti ai principi generali che il legislatore ha indicato rispetto alla materialità ed alla necessaria offensività delle condotte penalmente rilevanti (cfr. Cass. Pen., Sez. I, sent. n. 24940 del 15.02.22, dep. 30.06.22).